In occasione della Maratona di Atene di domani eccovi la storia della corsa che più affascina la mente di noi runner...
La maratona è stata inserita nei giochi olimpici dell’era moderna sin dalla prima edizione e oggi si corre praticamente in ogni angolo della Terra tutto l’anno. Nei giochi olimpici antichi, che si svolsero dal 776 a.C. al 261 a.C., non si è mai corsa un distanza tale, anzi la corsa più lunga in programma era di meno di 5 Km. La Maratona così come la conosciamo oggi ha poco più di un secolo di storia, ma affonda le proprie radici nella Battaglia di Maratona combattuta, appunto, 2500 anni fa.
2500 anni fa
Nel 490 a.C. l’esercito persiano, il più grande e potente impero di allora, raggruppò circa 150.000 uomini per invadere la Grecia allo scopo di punire la città stato di Atene per il supporto di quest’ultima alla ribellione degli Ionici. Atene poteva contare su circa 10.000 uomini inclusi 1.000 Plateesi; i due schieramenti si scontrarono vicino al villaggio di Maratona nel settembre del 490 a.C. I favori dei pronostici erano, ovviamente, tutti per i Persiani, ma sappiamo che non sempre il favorito vince…
Nonostante fossero numericamente inferiori, gli ateniesi combatterono e vinsero la battaglia di Maratona. Nello scontro morirono 192 ateniesi e circa 6400 persiani. I 192 ateniesi vennero sepolti in una fossa comune nelle vicinanze chiamata la “Tomba di Maratona”. Questa battaglia fu certamente uno dei più alti momenti di orgoglio della storia dell’antica Grecia. Gli ateniesi sconfissero i persiani per la prima volta sulla terraferma e la vittoria riportata infuse loro una consapevolezza dei propri mezzi che durò per i tre secoli a venire, periodo nel quale la cultura occidentale vide la nascita. Si dice che una sconfitta degli ateniesi in questa battaglia avrebbe certamente cambiato l’andamento della storia e che la civiltà classica sia stata salvata dallo sforzo di pochi per diventare patrimonio di tutti.
Nonostante nessun documento storico ne riporti il nome, la leggenda narra che un valoroso ateniese chiamato Pheidippides (Filippide), che in precedenza aveva corso fino a Sparta e ritorno in cerca di aiuto militare, corse i circa 40 chilometri che separano il campo di battaglia di Maratona da Atene per annunciare la vittoria degli ateniesi. “Nenikèkamen” (siamo vittoriosi) o “Niki” (vittoria) riuscì a dire e poi collassò e morì.
Questa è la storia sulla quale poggia la moderna maratona olimpica: la mitica corsa di Filippide da Maratona ad Atene. Ci sono diverse versioni della storia, molte delle quali più plausibili di quella citata. Cinquanta anni dopo Erodoto scrisse che Filippide fu inviato da Atene a Sparta prima della battaglia in cerca di aiuto. Non scrive se Filippide tornò con la risposta degli spartani (che, per inciso, fu negativa). La Spartathlon Race, che si corre ai giorni nostri, copre una distanza di 240 Km. commemorando questa versione della leggenda.
150 anni fa
La tragica corsa di Filippide fu inserita in un lungo poema omerico intitolato “La battaglia di Maratona” scritto nel 1820 da Elizabeth Barrett allora quattordicenne. In seguito ella divenne discretamente famosa come poetessa e ben considerata; sposò un poeta, Robert Browning, nel 1846 il quale dopo la morte della Barrett nel 1861 decise di pubblicarne l’opera omnia. La pubblicazione ebbe molta eco all’epoca e raggiunse anche un certo barone francese, Pierre de Coubertin, che stava cercando di far risorgere i giochi olimpici dell’era moderna.
Pierre Frédy, Barone di Coubertin, che visse in un periodo durante il quale l’orgoglio nazionale francese era ai minimi termini; la guerra franco-prussiana aveva tolto diversi territori ai francesi come pegno per ripagare i danni causati; inoltre venne loro proibito di costituire un esercito e le truppe prussiane occuparono la nazione. Seguì una guerra civile che indebolì ulteriormente l’amor patrio; de Coubertin cercò le ragioni di questa depressione e della contemporanea apparente forza delle rivali Prussia e Inghilterra.
La chiave di lettura, secondo de Coubertin, era l’enfasi sullo sport data dalle scuole pubbliche inglesi, nel costruire l’orgoglio della patria. Durante un viaggio in Inghilterra conobbe William Brookes, fondatore della Wenlock Olympic Society, che aveva già avuto il suo evento inaugurale nel 1850 seguita da altre due edizioni nel 1859 nel 1885. De Coubertin presenziò ad entrambe per cercare di rendere obbligatoria la pratica sportiva nelle scuole francesi e per promuovere un festival sportivo internazionale basato sulle Olimpiadi dell’era antica.
De Coubertin lanciò la propria campagna olimpica nel 1892 e due anni dopo fondò alla Sorbona di Parigi il Comitato Olimpico Internazionale (CIO o IOC attualmente). I delegati si accordarono per promuovere i primi giochi dell’era moderna ad Atene nel 1896 e poi ogni quattro anni. Uno dei delegati, Michel Brel, che sosteneva l’importanza dell’inserimento di un corsa su lunga distanza nell’elenco degli eventi rispolverò proprio la leggenda di FIlippide per supportare la propria tesi. I delegati si convinsero, ma dovettero comunque lottare strenuamente per convincere la Grecia a tenere i giochi.
Fortuna vuole che le autorità greche, come molte altre oggigiorno, videro nei giochi un’opportunità economica e al contempo di risollevare l’orgoglio nazionale. La famiglia reale venne coinvolta appieno ed enormi somme di denaro vennero versate dai greci emigrati; molti di quei soldi furono spesi per la costruzione dello stadio di marmo di Olimpia.
I primi giochi dell’era moderna si tennero dunque ad Atene nel 1896; la proposta di Brel fu appoggiata da de Coubertin e da Dimitris Vikelas (primo presidente del CIO). La leggenda della corsa di Filippide fu onorata da una gara di 40 chilometri dal ponte di Maratona fino allo stadio di Olimpia, costruito per l’occasione.
Nei mesi precedenti la gara olimpica ci furono diversi tentativi di correre tale distanza. Nel febbraio del 1896 due atleti partirono da Atena e completarono la distanza da Maratona; uno di loro, tuttavia, si fece aiutare durante il percorso e fece un tratto a cavallo. Un mese prima della gara si tenne il campionato greco cui presero parte 11 concorrenti. Il percorso prevedeva il tragitto Maratona - Atene e fu in assoluto la prima maratona “classica”. Due settimane più tardi si tenne una prova ufficiale che attrasse ben 38 partecipanti; la vittoria andò al greco Spiridon Louis che chiuse la prova in 3h18’27” (che, a mio avviso, era un tempo stratosferico per l’epoca!).
Alla gara olimpica, che si tenne il 10 aprile 1896, presero parte 18 concorrenti tra i quali 4 non greci. Di questi ultimi, solo l’ungherese aveva provato la distanza, mentre gli altri tre si erano fermati alla mezza e speravano di portare a termine la gara.
I greci erano, invece, molto ben preparati all’evento. Oltre ai trials, misero in atto alcuni accorgimenti che sono ancora oggi adottati: rifornimenti ad intervalli regolari lungo il percorso, un ufficiale a cavallo che fungeva da pacer e alcuni ufficiali di percorso che assistevano quanti stramazzavano (letteralmente) lungo il percorso. I rifornimenti personali erano accettati e dovevano essere gestiti esclusivamente dall’assistente personale dell’atleta. I controlli antidoping, comunque, furono introdotti solo molto tempo dopo e la pratica di assumere sostanze particolari (tra le più diffuse la stricnina) era assolutamente una regola.
Tornando alla gara olimpica, Spiridon prese la testa intorno al 33mo chilometro; il direttore di gara si precipitò all’arrivo per avvisare la folla e preparare un arrivo trionfale. Spiridon non tradì le aspettative e si presentò nello stadio solo per vincere la gara con un fantascientifico 2h58’50”. I greci si accaparrarono anche gli altri due posti del podio, ma l’ungherese giunto quarto si lamentò che il terzo arrivato (Spiridon Belokas) aveva percorso parte del tragitto a cavallo. (ricordate la citazione precedente…?) Per la cronaca, finirono la gara in nove.
Una gara di 40 Km. Chiamata “Maratona” nacque ufficialmente allora. Spiridon Louis, il primo vincitore di medaglia d’oro in Maratona divenne una vera e propria leggenda. Il percorso da Maratona ad Atene, usato ancora oggi per la “Maratona Classica”, divenne noto come il percorso “originale” della Maratona. La Maratona, dunque, fu fondata probabilmente meglio che i giochi stessi visto che le due successive edizioni (Parigi e St. Louis) sconfinarono nella farsa. Comunque, la Maratona successiva si corse da Parigi fino alla cittadina di Conflans.
La Parigi-Conflans fu una corsa esibizione, in cui si offrivano bonus per chi riusciva a battere il record di Spiridon Louis. L’inglese Len Hurst riuscì nell’impresa correndo in 2h31’30”; la distanza era di 40 chilometri, ma va aggiunto che i metodi di misurazione non erano assolutamente accurati come oggi. Curiosamente, gli organizzatori erano avidi di nuovi record e tempi sempre più bassi, proprio come oggi…
Uno dai 9 ritirati nella gara olimpica fu lo statunitense Arthur Charles Blake, membro della Boston Athletic Association, che non era ovviamente soddisfatto del ritiro. L’anno seguente, il 15 marzo 1897, si corse la prima edizione della Maratona di Boston; da allora la gara si è sempre corsa ogni anno (ad eccezione del 1918 quando fu corsa una staffetta militare) ed è la maratona più antica del mondo.
Come avvenne per una corsa precedente tenutasi a New York City, anche la corsa di Boston fu una corsa “punto a punto”. Il percorso era per la maggior parte in discesa con partenza da Ashland (poco distante dal punto di partenza odierno cioè Hopkinton) fino al centro di Boston. Il primo vincitore della gara fu John McDermott, con un crono finale di 2h55’10” anche se la distanza totale fu di 39 Km.
Molte delle gare di allora si correvano sulla distanza di 40 Km. (25 miglia), come accadde anche alle Olimpiadi di Parigi e St. Louis (anche se a St. Louis la gara fu poi effettivamente più lunga). La passione per la maratona iniziò a diffondersi dappertutto dal Sud Africa all’Inghilterra, sede delle Olimpiadi del 1908 (Londra).
102 anni fa
Nel 1908 l’Expo franco-inglese si tenne nel nuovo White City Stadium di Londra, dove era fissato anche l’arrivo della maratona olimpica, proprio di fronte al palco reale dal quale la Principessa Alexandra avrebbe assistito ai giochi.
In omaggio alla famiglia reale inglese, la maratona fu fatta partire dal Castello di Windsor; la distanza fissata fu di 26 miglia (41,84 Km.) dal castello allo stadio e furono misurate a rigorosamente e scrupolosamente. Andava poi aggiunto il giro all’interno dello stadio, da compiersi in senso orario, che aggiungeva ulteriori 385 iarde (352 metri). Se il giro si fosse corso in senso antiorario, come spesso campita al giorno d’oggi negli stadi d’atletica, la gara sarebbe risultata più corta di 167 metri e, forse, la storia avrebbe un drammatico eroe in meno da ricordare.
Parlo di Dorando Pietri il quale , dopo aver corso ad un passo relativamente veloce, si trovò a condurre la corsa con un passo di circa due minuti per miglio più veloci degli inseguitori. Proprio tre chilometri prima di arrivare in vista dello stadio, Pietri superò il sudafricano Charles Hefferon, che aveva condotto la gara per quasi 15 miglia. Forse lo sforzo si rivelò eccessivo, fatto sta che all’interno dello stadio Pietri barcollò e cadde per ben quattro volte prima di tagliare il filo di lana sorretto da uno degli assistenti di gara.
La gara, come sappiamo, fu vinta dallo statunitense Johnny Hayes che terminò la corsa “senza un ingiusto aiuto” oltre 30” dopo l’italiano. La principessa Alexandra, toccata dal finale di Pietri premiò il gesto sportivo del nostro atleta con una coppa che ancora oggi fa bella mostra di se alla Maratona di ottobre dedicata proprio a Dorando Pietri.
Va comunque aggiunto, a onor del vero, che il fratello di Dorando, Ulpiano, si affrettò a sfruttare al meglio l’improvvisa notorietà acquisita dal fratello e iniziò immediatamente ad organizzare delle rivincite, insieme all’impresario statunitense Pat Powers, tra il fratello e Hayes.
La prima di queste sfide si svolse a New York City il 26 novembre del 1908 e venne definita letteralmente come “la replica della battaglia di 26 miglia e 385 iarde sulle strade inglesi”. In effetti la gara si rivelò poi essere un anello di 10 miglia da percorrere per 262 volte (!) all’interno del vecchio Madison Square Garden in un ambiente peraltro polveroso e saturo di fumo di sigaretta. Ciononostante, accorsero quasi 16.000 spettatori e Pietri fermò il cronometro dopo 2h44’21” migliorando di ben 11 minuti il tempo della finale olimpica. Successivamente si tennero molte altre sfide, ad alcune delle quali prese parti anche il candaese Tom Longboat che a Londra si ritirò al 17° miglio. Unica costante fu la distanza, identica a quella corsa a Londra che divenne poi lo standard di fatto della Maratona.
Per avere comunque la misura “ufficiale” si dovettero attendere ancora 16 anni, durante i quali alcune gare si corsero su distanze differenti (ad esempio allo Olimpiadi del 1920 si corsero 42,750 Km. Nel 1924 il comitato olimpico stabilì definitivamente che la distanza della maratona sarebbe stata ora e per sempre di 42, 195 chilometri (26 miglia e 385 iarde).
34 anni fa
La maratona perse fascino e divenne un evento minore all’interno delle discipline dell’atletica leggera. I tempi migliorarono di poco e si arrivò al 1955 quando la Maratona di Atene tornò ad essere corsa sul percorso delle Olimpiadi del 1896, con l’aggiunta di un giro di circa due chilometri intorno alla Tomba di Maratona per raggiungere la distanza esatta.
Negli anni ’50 e nei primi anni ’60 iniziarono a cadere i record del mondo, tra i quali ricordiamo quello di Jim Peters. Strano a dirsi, la maratona definita “più bella del mondo” in quel periodo fu la maratona di Fukuoka in Giappone che contava sulla partecipazione di tutti i migliori atleti del Sol Levante e di alcuni stranieri su invito. Nel 1967 Derek Clayton (Australia) portò il record del mondo a 2h09’37”.
Contemporaneamente iniziarono germogliare i semi di una rivoluzione popolare che presto farà tornare alta la febbre per la maratona. Fred Lebow organizzava una maratona a New York City che consisteva in un giro di lancio seguito da dieci giri attorno a Central Park; allora i partecipanti erano un centinaio circa e non vi erano particolari differenze con le altre corse. I problemi principali, allora come oggi, erano di riuscire ad ottenere i permessi per correre lungo le strade e raggiungere il budget necessario per l’organizzazione. Il numero di partecipanti cresceva di poco ma con costanza e finalmente Lebow riuscì a strappare un contratto di sponsorizzazione con la Olympic Airlines nel 1973. La vittoria di Frank Shorter alle Olimpiadi dell’anno precedente aveva riacceso la fiamma della passione negli Stati Uniti verso la Maratona e parteciparono alla gara oltre 500 atleti.
Nel 1976 Lebow, perso l’appoggio dello sponsor, provò a giocare la sua ultima carta. Sfruttò il bicentenario degli Stati Uniti e le sue conoscenze nell’amministrazione pubblica per spostare la gara da Central Park attraverso i cinque quartieri di NYC. Anche Shorter fu tra i partecipanti e accanto a lui si mise Bill Rodgers, vincitore nel 1975 della Maratona di Boston e che iniziò quell’anno il suo poker di vittorie consecutive a New York. Finirono la gara in 1500 in quella che può ben definirsi la prima maratona di massa.
Ma era anche l’inizio di una nuova era e molte città nel mondo cercarono di emulare quanto riuscito a Lebow con la Maratona di New York. L’anno seguente i partecipanti furono oltre 5.000 e nel 1979 salirono a 14.000, sette volte di più rispetto a 3 anni prima. Nel ’78 anche Parigi e Stoccolma avevano la loro maratona, seguite da Berlino nel 1980 e Londra nel 1981.
Il boom della maratona come fenomeno di massa portò alla creazione dell’AIMS (Association of International Marathons and Distance Races) durante un metting a Londra nel 1982. In quell’occasione si decise di prendere provvedimenti comuni per quanto riguardava la misura dei percorsi e tutti i membri furono obbligati a sottostare a ferree norme di condotta.
Will Cloney, direttore della Maratona di Boston, fu eletto presidente e Chris Basher della Maratona di Londra fu il suo vice. I membri originali furono 28, ma ogni anno crescevano fino ad arrivare agli oltre 300 odierni che fanno correre circa 1,5 milioni di podisti nel mondo.