Culmine dei miei festeggiamenti per i 40 anni è stata la Venice Marathon; programmata da oltre un anno, allenamenti specifici, sacrifici e tempo sottratto agli affetti ma, mi dicevo, tutto sarà ripagato.
In effetti così è stato, perché ancora oggi sono soddisfattissimo di averla corsa e di essere arrivato fino in fondo. D’altronde sin dall’inizio avevo messo in chiaro con me stesso che l’avrei corsa solo per finirla e tanti saluti al crono finale. Come al solito, tuttavia, la mia anima competitiva e quel poco di testosterone che mi resta in corpo mi aveva convinto che avrei potuto finirla intorno alle 4h30’ senza eccessivi sforzi.
Tabella di Correre alla mano ho iniziato gli allenamenti, qualcuno è saltato, e quando è arrivato il momento del ritiro del pettorale all’Expo sapevo di essere pronto. Non ero pronto, però, a correre contro le avversità del tempo… hanno detto che ci sono state edizioni con l’acqua alta, con la pioggia o con il vento, mai una con tutte e tre insieme e “contro” gli atleti. È accaduto domenica scorsa.
Partiamo dall’inizio; l’expo si trova al Parco S. Giuliano, al confine tra Mestre e Venezia. Una location davvero bella, ampia e comoda da raggiungere con qualsiasi mezzo; un buon numero di stand e un’ampia zona per il ritiro di pettorali e pacco gara. Personalmente non ho fatto alcuna coda, non so in altri orari (magari nel tardo pomeriggio di sabato) se la situazione sia stata un po’ più caotica.
Pullman di linea quelli utilizzati per il collegamento tra Venezia e Mestre con Stra, luogo di partenza della maratona. A mio avviso si dovrebbero calibrare un pochino meglio gli orari, tenendo presente che da Mestre occorre circa una mezz’ora per arrivare alla partenza aumenterei la fascia di partenza da Mestre (dalle 7:00 alle 7:20) per evitare l’effetto Carro Bestiame.
Discreta la logistica in partenza, dove la pioggia ha un po’ costretto tutti a fare slalom tra pozzanghere e fango per cambiarsi, fare la fila ai bagni chimici e depositare la borsa. Altro vincolo l’orario di consegna delle borse personali entro le 8:30; giusto come limite (un’ora prima della partenza direi che è sufficiente), ma visto che i primi pullman arrivano intorno alle 8 ecco che si è un po’ di fretta anche pensando che siamo 8.000.
Dal deposito borse una passeggiata di circa 1Km. Per arrivare alla propria gabbia e attendere lo start. Peccato per la pioggia che a circa 15’ dalla partenza ha iniziato a scendere. Io ero nell’ultima gabbia e dallo start al mio passaggio sul tappeto sono passati circa 5’ un buon tempo che non ha causato eccessivi rallentamenti e intoppi tra runner.
Ho deciso di accodarmi ai pacer delle 4h30’ che pronti via hanno pensato bene di iniziare a recuperare i 5’ di gap; quindi una partenza a circa 5’30”/Km per poi assestarsi sui ritmi corretti. Si scherza e si chiacchera con tanto podisti da tutta Italia e da tutto il mondo (saluto il simpaticissimo Hiro da Osaka).
Intorno al 10° Km. Ecco che la pioggia è diventata più insistente e si è associato anche un fastidioso vento trasversale che soffiava da sinistra verso destra. Man mano che passavano i chilometri la situazione meteo non mutava in meglio e il freddo (circa 8°C alla partenza, ma percepiti credo 2°) hanno iniziato a mietere le prime vittime.
Vento che soffiava sulle maglie ormai inzuppate e pozzanghere sempre più inevitabili che costringevano a correre anche coi piedi fradici. Buona l’accoglienza ai ristori, anche se c’era praticamente solo da bere e un po’ di frutta.
Discreta, nonostante il tempo inclemente, la presenza di pubblico lungo il percorso che spesso ci incitava anche con cori tipo stadio. Sparuta la presenza di band locali che per lo più suonavano rock.
Passata la mezza la fatica e il freddo hanno iniziato a farsi sentire bene anche su di me e ho rallentato un po’ il ritmo; all’inizio del parco S. Giuliano, col ponte su cui c’è il 29°Km ecco i primi tratti al passo e nel parco, col vento libero di frustarci da ogni parte, i primi pensieri funesti. Il ponte della libertà è stato il colpo di grazia a tutte le velleità cronometriche. Vento forte, teso e freddo, acqua ghiacciata e stanchezza hanno avuto la meglio. Neanche il vedere Venezia sullo sfondo era di conforto. Il passaggio in zona Tronchetto è certamente il meno suggestivo di tutta la corsa, ma poco dopo si aprivano le Zattere da dove abbiamo iniziato l’avventura della Run 5.30 e i ricordi sono stati davvero la marcia in più. Il ponte galleggiante sul Canal Grande è un’opera spettacolare che a causa dell’acqua alta ci ha costretto a fare un piccolo balzo per salirci sopra. E poi via, costeggiando una Piazza S. Marco sommersa o quasi dall’acqua alta fino al traguardo. Un sacchetto con un po’ di frutta, un integratore e una bottiglia d’acqua erano il (misero), ristoro offerto. È poi scattata la corsa al posto in spogliatoio, ovviamente congestionato data la calca di noi che ci volevamo cambiare all’asciutto.
Una volta cambiato, grazie al consiglio di un amico, ho evitato il vaporetto dell’organizzazione per prendere direttamente quello che mi ha portato alla stazione per il rientro a casa.
Ho letto di forti critiche all’organizzazione, che non mi sento assolutamente di condividere. O, meglio, capisco bene chi le ha scritte perché spesso mi sono trovato nella loro situazione. Andrebbe però tenuto presente il fattore pioggia, che complica tutto. Pensate a quanti normalmente si cambiano all’aperto invece di usare gli spogliatoi e pensate anche che con l’acqua alta e mossa i vaporetti devono mantenere un andatura più lenta e sotto alcuni ponti non passano neanche. Quindi ok le critiche, figlie anche dell’emozione del momento, ma teniamo conto di tutti i fattori in campo.
Io la promuovo a pieni voti e credo che il limite dei partecipanti possa arrivare al massimo a 10.000 modificando ampiamente, però, la logistica.