Immaginate di
allenarvi da oltre 6 mesi per quella che potrebbe essere la vostra ultima
maratona. Alzatacce alle 4 del mattino in inverno per i lunghi perché così
potete essere a casa la domenica mattina per stare il più con la famiglia.
Oppure sessioni di ripetute dopo 10 ore a guidare su e giù per la Brianza
scaricando (e caricando) il furgone…Nella testa visualizzate il vostro
obiettivo: l’arrivo sotto l’Arco di Trionfo a Parigi, la folla che osanna i
runners e voi insieme ad altri 50.000 che correte ancora una volta la mitica
distanza di 42 Km e 195 metri.
Poi una
telefonata che spariglia le carte in tavola e frantuma il sogno. È il chirurgo
che deve operare vostro figlio che vi annuncia, felice, che finalmente potrà
operarlo proprio qualche giorno prima della partenza per Parigi.
Per un attimo
il mondo mi crolla addosso, mi arrabbio col fato malevolo e quasi anche con
tutti quelli che quel giorno correranno a Parigi, ma anche a Vienna e Milano…
un momento! A Milano si correrà proprio la Milano Marathon, certo il pubblico
non è lo stesso di Parigi o Vienna e anche i partecipanti sono un decimo.
Immediata
scatta l’idea e forse uno spiraglio per non gettare alle ortiche tutti gli
allenamenti c’è. Milano è stata la mia prima maratona, per una promessa a mia moglie
sarà probabilmente anche l’ultima. Un cerchio che si chiude, la dove tutto
iniziò tutto finisce.
Arriva il
giorno fatidico, la notte è stata tormentata, proprio come la notte prima degli
esami…
Poi ti alzi e
sai che ci sarà il sole non solo dentro di te, ma alto nel cielo!
5000 anime al
via della maratona, almeno il doppio quelli della relay (che chiamarla
staffetta fa cheap); il percorso è nuovo e torna ad arrotolarsi intorno
alla cerchia dei bastioni per poi andare a pescare un po’ di chilometri a nord-ovest
della città.
Non mi sembra
vero correre per almeno una quindicina di Km con la gente che applaudiva,
bambini che ti chiedono il cinque volante e, finalmente, neanche un clacson.
Siamo in tanti ad affollare uno dei parchi più borghesi di Milano, ma li
conosco praticamente tutti. Le facce sono le solite che incontro alle
tapasciate così come alle gare, ma soprattutto c’è la famiglia aliena di giallo
vestita dei Podisti di Marte. Ma oggi sono concentrato, talmente concentrato
che solo in gara dopo 20 km mi accorgo che il gel preparato con tanto di spilla
per non perderlo per strada è rimasto nella sacca alla partenza. Un attimo di
scoramento, ma ecco che appare come un miraggio nel deserto il ristoro del 15°
gestito dai ragazzacci di Verde Pisello e trovi un tavolino volante con una
bella scorta di gel che neanche il punto Enervit al Portello. Poco dopo il
TropRunner per antonomasia, Paolo, si sbraccia e incita tutti. Flashback: si
parte col gruppone delle 4 ore perché quello è l’obiettivo. Una condotta un po’
allegra mi fa però tirare il freno dopo un’ora per non affaticarmi troppo. E
faccio bene perché il caldo infido mi presenterà il conto più avanti, da metà
gara in poi dove il percorso è andato a caccia di asfalto in un deserto di
persone e di cemento. Qui la gente è poca, ma agguerrita, anche perché sono
davvero murati in casa dalla chiusura delle vie e dai perenni lavori per Expo.
Li capisco, ma dentro di me impreco ad ogni strombazzata e improperio. Uno
sconosciuto compagno di strada lo sposto di peso prima che venga alle mani con
un giovane desideroso di sfogare la rabbia. L’adrenalina è tanta in entrambi,
ma forse è meglio riuscire a sfogarla correndo.
Il muro si
presenta puntuale e io ci sbatto il muso, ma trovo una faccia amica che mi fa
rifiatare un minuto, mi fa godere dell’acqua fresca del ristoro e riparto di
slancio. Ormai sono in riserva, lo so bene, ma non posso mollare a un’ora dal
traguardo. Non corro più per me e basta, ma perché devo rendere ancora una
volta orgoglioso di me mio figlio.
Mi trascino
fino a -3 km dall’agognato arrivo, quando un'altra faccia, anzi schiena,
conosciuta mi si para innanzi. L’architetto Brischetto, Marziano e Muggiano,
che corre una maratona ogni due settimane arranca un po’ e senza chiederlo
corriamo insieme fino al traguardo. Un piccolo pezzo al passo, ma tutto il
resto lo si corre e bene.
Poi passi per
l’ultima volta la sopraelevata dei bastioni e vedi poco oltre l’angolo di Corso
Venezia, allora svolti e a duecento metri si materializza il traguardo. Non c’è
volata, ma una corsa insieme per poi arrivare mano nella mano in uno scatto
libratorio. È lì che capisco che sto facendo qualcosa di importante soprattutto
per me stesso. Il crono finale non è esattamente quello sperato, ma è comunque
il mio miglior risultato di sempre. La 14ma maratona è portata a casa, sofferta
ed emozionante.
Poi via di
corsa, ovviamente, per la parata finale dei Podisti da Marte e un altro bagno
di folla e di abbracci da amici veri che la corsa mi ha fatto conoscere.
Grazie Milano,
Grazie Podisti da Marte, Grazie Dio della Maratona.
…e la sera, sul
divano facendo riposare i quadricipiti che urlano, stai già guardando
distrattamente cosa propone il calendario autunnale alla voce “Maratone”.
1 commento:
in tanto l'hai portata a casa. sofferta ma terminata
Posta un commento